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VIDEOSORVEGLIANZA SUL LUOGO DI LAVORO

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VIDEOSORVEGLIANZA SUL LUOGO DI LAVORO: NORMATIVA E SANZIONI

L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori disciplina il controllo a distanza (suscettibile di svolgersi all’insaputa dei lavoratori assoggettati al controllo), operato con impianti audiovisivi o con altre apparecchiature. La violazione della norma, che può verificarsi per esempio in ragione dell’installazione della videosorveglianza o di un impianto di allarme dotato di telecamere in assenza di apposita autorizzazione, comporta per il datore di lavoro spiacevoli conseguenze sia civili che penali.

Nell’ambito dell’ampia riforma del diritto del lavoro italiano attuata con il c.d. Jobs Act è stato novellato anche l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori dall’art. 23 D.Lgs. 151/2015. Il legislatore ha preso finalmente atto della necessità di conciliare la tutela della riservatezza del lavoratore con l’evoluzione tecnologica e informatica che ha investito le modalità esplicative della prestazione di lavoro subordinato, disciplinando gli strumenti tecnologici (in primis quello della videosorveglianza) funzionali alle esigenze organizzative e produttive, alla sicurezza del lavoro e alla tutela del patrimonio aziendale.

Il datore di lavoro può utilizzare impianti audiovisivi e altri strumenti tecnologici dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori esclusivamente:

  • per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale (c.d. controlli difensivi);
  • previa adeguata informazione al lavoratore delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli;
  • nel rispetto della normativa in materia di Privacy (Reg. UE 679/2016);
  • in forza di un’autorizzazione all’installazione delle apparecchiature di videosorveglianza presso i luoghi di lavoro che si può ottenere attraverso un’apposita procedura che coinvolga le rappresentanze sindacali aziendali/unitarie o in alternativa l’Ispettorato del lavoro territorialmente competente.

Nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni, l’accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, oppure in loro mancanza, l’autorizzazione all’installazione della videosorveglianza può essere ottenuta presentando apposita istanza alla sede centrale dell’INL.

Preclusioni

Sono vietati gli apparecchi di controllo installati a totale insaputa del lavoratore. A tal fine non rileva che gli apparecchi siano stati installati e non ancora utilizzati.

Sono del tutto inutilizzabili i risultati dell’indagine datoriale ottenuti mediante un’illegittima attività di vigilanza. Ad esempio, non hanno valore probatorio i fotogrammi ottenuti con una telecamera a circuito chiuso – installata in violazione della disciplina sui controlli a distanza – che ritrae un lavoratore mentre sottrae denaro dalla cassa.

Le imprese che intendono procedere all’installazione di impianti di allarme o antifurto (evidentemente finalizzati alla tutela del patrimonio aziendale) dotati anche di videocamere o fotocamere che si attivano, automaticamente, in caso di intrusione da parte di terzi all’interno dei luoghi di lavoro devono in ogni caso preventivamente esperire la procedura di accordo con RSA o RSU o richiedere l’autorizzazione dell’ITL (art. 4, c. 1, L. 300/70). Se le videocamere si attivano esclusivamente con l’impianto di allarme inserito non sussiste alcuna possibilità di controllo “preterintenzionale” sul personale e pertanto l’autorizzazione deve venire senza dubbio concessa, senza alcuna valutazione istruttoria (Circ. INL 19 febbraio 2018 n. 5).

Violazioni

La violazione della legge (art. 4 L. 300/70) non è esclusa (Nota Min. Lav. del 01 giugno 2016 n. 11241):
– dalla circostanza che le apparecchiature siano solo installate ma non ancora funzionanti;

– dall’eventuale preavviso dato ai lavoratori;

– dal fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.

La violazione si configura anche nel caso di telecamere finte montate a scopo esclusivamente dissuasivo.
L’installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori senza il preventivo accordo sindacale, o senza l’autorizzazione amministrativa dell’ITL, ma con il consenso dei lavoratori integra il reato di violazione del divieto di controlli a distanza sui lavoratori. Ciò in quanto la tutela penale è diretta a salvaguardare interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono per legge portatrici, in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio nella quale versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato. Tale comportamento, inoltre, integra la fattispecie della condotta antisindacale.

Sanzioni penali

L’inosservanza del divieto dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori è considerata dall’ordinamento una fattispecie di reato ed è sanzionata penalmente dal successivo art. 38. Pertanto, in caso di violazione al disposto legislativo, viene prevista una sanzione penale che va da 154,00 a 1.549,00 euro, ovvero l’arresto da 15 giorni ad un anno, salvo che il fatto non costituisca reato più grave.

Orientamenti giurisprudenziali

Benché la disciplina del controllo a distanza sia cambiata dal 24 settembre 2015 (D.Lgs. 151/2015), sono da ritenersi ancora valide alcune interpretazioni giurisprudenziali collegate alla precedente disciplina, che sostenevano, in particolare, i seguenti principi:

– se l’installazione di telecamere che rende possibile il controllo a distanza dei lavoratori è stata effettuata per esigenze di sicurezza, prima della costituzione delle rappresentanze sindacali in azienda, è comunque necessario procedere alla consultazione delle rappresentanze, una volta costituitesi, per permettere la permanenza degli apparecchi precedentemente installati (Cass. pen. 17 dicembre 2002 n. 42217);

– il controllo a distanza deve risultare strettamente necessario all’ottimizzazione dell’attività produttiva. Pertanto, qualora tale requisito non sussista, il giudice può ritenere violato il divieto di controlli a distanza anche in presenza dell’accordo sindacale (Corte App. Firenze 20 ottobre 2009).

 

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